RASSEGNA STAMPA

              RECENSIONE * TEATRO MUSICALE    di  Maurizio Pancotti     Allestire un’opera lirica nel nostro Paese che, si sa, si è spesso identificato in questo genere di cui ne è genitore, ha sempre costituito un compito ingrato e titanico; le risorse economiche hanno fatto da padrone, anche perché la loro distribuzione sul territorio nazionale segue criteri discutibili, riversandosi su presunte o reali eccellenze per la quasi totalità del loro ammontare, tra l’altro in costante riduzione.

Ma quando ci troviamo nelle “periferie delle periferie”? Quando una comunità di poco più di diecimila abitanti sente la necessità, il bisogno, l’esigenza di realizzare qualcosa in questo settore? Quando possiede uno spazio di oltre 400 posti che sa di poter riempire, ma deve fare i conti con il finanziamento? Che fa?
A Stezzano, circa tredicimila abitanti nella provincia di Bergamo, esiste l’A.P.A.S., che la Presidente Invernizzi Rosangela tiene a chiarire essere la sigla che sta per Associazione Pensionati Attivi Stezzano; già operosa sul territorio da qualche decennio, da otto anni, sotto la sua direzione e quella del mèntore Biava Luigi, si occupa del tempo libero, inteso come “fare costruttivo” per sé e per la comunità: dall’Università per la terza età (corsi di Storia, Arte, Fisica, Scienze e conferenze anticipatorie dei melodrammi in allestimento) fino al prossimo Calendimaggio 2013 (3 giorni di mostre sul tema della conoscenza delle altre culture attraverso il cibo), l’Associazione ha in serbo una molteplicità di iniziative che merita uno spazio più adeguato di questo e non conosce soste nell’organizzare qualsiasi forma di attività legata al vivere pienamente una quotidianità, evitando di legarla a occasioni estemporanee.
Lo sforzo di realizzare da anni una rassegna operistica si innesta in questa visione e quest’anno ha visto la sua espressione in “Elisir d’amore”, “Vedova allegra” e “Lucia di Lammermoor”; è appunto quest’ultima, a cui abbiamo presenziato, che ci accingiamo a recensire, con un occhio attento alle estreme difficoltà che una produzione siffatta incontra inevitabilmente nell’assemblaggio di quelle componenti che la costituiscono.
Diciamo subito che il compito più gravoso lo ha dovuto sostenere il direttore d’orchestra M° Salvo Sgrò, il quale aveva anche l’incarico di selezionare cantanti, preparare il coro, oltre alla concertazione di una orchestra che doveva essere ridotta di qualche parte.
L’insieme di coro e solisti ha dato sicuramente i frutti sperati; il gruppo “Simon Mayr” di Bergamo sta crescendo in compattezza e precisione sotto la direzione di Salvo Sgrò e nei suoi interventi ha dato prova di sapersi ben integrare nel tessuto musicale con o senza solisti.
Molto bene hanno figurato i cantanti delle parti secondarie: dalla soprano Elena Bertocchi (Alisa), al tenore Sergio Rocchi impegnato nel doppio ruolo di Normanno e Lord Arturo, fino a quello del basso Michele Zanchi (Raimondo).
Robusti e sicuri nelle rispettive parti il baritono Marzio Giossi (Lord Enrico Ashton) e Giorgio Casciarri (Sir Edgard di Ravenswood), entrambi padroni del ruolo, pur utilizzando movimenti e gestualità che crediamo un po’ troppo legate ad una drammaturgia datata.
Ottima Miss Lucia la soprano Linda Campanella, che ha incantato il pubblico dall’esordio “Regnava nel silenzio” all’ultimo bellissimo monologo della follia; le tessiture canore, cui questa parte è sottoposta, lasciano pochi spazi a imperizie di cantanti senza una solida preparazione canora, ma abbisognano altresì di un’interpretazione e di una identificazione interiore nella parte, cosa che la Campanella possiede senza ombra di dubbio.
L’equilibrio delle sezioni dell’orchestra ci è sembrato ancora poco saldo, forse frutto del necessario rimaneggiamento dell’organico, ma anche della difficoltosa fluidità di coesione richiesta tra i settori, come in un delicato meccanismo di misurazione.
Dobbiamo comunque sottolineare che i ”miracoli” ottenuti in simili condizioni sono meriti che non possono essere sottaciuti; il M° Salvo Sgrò, responsabile artistico della rassegna operistica, non può che rallegrarsi per l’offerta proposta ad un pubblico, che vede realizzata sul luogo una produzione, che contribuisce a collocare la cultura musicale nel contesto della comunità, invece che in uno spazio di intrattenimento estemporaneo. 
Maurizio Pancotti